The Marghera Blues

Low light in northern Italy this week. Christmas, families and a new look at old and dear projects.

I went back to The Other Cathedrals to make some minor changes to the video and send it to some art prize (I thought: whatthehell whynot).

So here are some new text and some newish shots from October – one of which made into the reedited video.

“A Porto Marghera, a scavalco del canale industriale sud, hanno costruito quello che comunemente viene chiamato “l’arco”: […] Un arco, quasi trionfale, a segnare il regno della chimica.”

Felice Casson, “Le fabbriche dei Veleni”, Toletta 2015.

“Amarti, Marghera

Amarti è la mia prova”

Antonella Barina, in “Madre Marghera, poesie 1967-2017”, Helvetia 2019.

Marghera, Venezia – prima sogno, poi disastro della vanagloria industriale. Un alieno nel cuore di una regione misteriosa e fragile, dove l’aria è densa di nebbia e la laguna desidera un tocco delicato. Marghera arriva con i suoi idoli e i suoi suoni, i suoi cieli colorati anche di notte e i suoi fumi velenosi.

Somiglia ad uno dei non-luoghi del Novecento, terra di transito da guardare da lontano, comprensibile in pieno solo a chi la abita e la vive, la subisce e a volte ne muore. Marghera è anche paese coeso, un insieme di persone unite dalla loro storia, dal lavoro, poi dalla lotta e poi ancora dalla tragedia.

In “The Other Cathedrals” ogni fotografia diventa un frammento definito, quasi grafico, con un suo carattere immanente teso all’astrazione. Insieme nel movimento raccontano una storia travagliata e mobile, ancora in divenire, la storia della devozione ad una divinità micromanageriale, miope, del culto di un ideale che persegue se stesso così a fondo da dimenticare il mondo intorno, il contesto, l’ambiente che lo nutre e lo circonda.

I suoni vengono da lì, una composizione che connette le immagini suggerendo l’atmosfera, la brutale bellezza, la scomposta identità unitaria, il vuoto, l’assenza imponente della Marghera di oggi. Sospesa tra la terra e l’acqua, sospesa tra il passato di operosità assassina e il futuro di possibilità aperte. La musica descrive la poesia crudele, lo stridere di emozioni che ci assale osservando Marghera.

La composizione è intessuta di field recordings sapientemente cuciti dalle mani di Munsha, artista trasversale, che naviga tutti i generi per raccontare una storia di rumori e dissonanze, un noise con un carattere squisitamente effimero, eppur così presente. Come Marghera.

Marghera che ci ricorda le cattedrali di Venezia, magari le sfida sancendo la superiorità del suo dio, del suo ideale di modernità. Ci chiediamo: quanto diverse siete davvero, in qual misura dovevano Credere gli umani per avere la visione di Voi, signore delle barene che con la vostra mera esistenza sfidate il creato?

L’impossibile bellezza di Venezia è latente, le cattedrali non si vedono. Eppure non possiamo ignorare dove ci troviamo, in negativo le vediamo ad ogni fotogramma. La magnificenza delle proporzioni, l’attenzione al dettaglio, l’ambizione degli intenti sono lì, a mostrare un mondo dove l’uomo ancora – di nuovo – padroneggia il materiale, scompone l’esistente, dimentica il contesto, erige il suo delirio.

Marghera vive ancora, nonostante il Novecento che la attraversa come un angelo sterminatore. Marghera rimane compatta, nemmeno la gentrificazione la sa comprendere. Si identifica infine come parte di un organismo vivente, un’area metropolitana che ci implora di guardare alla sua storia per immaginare il suo futuro.

Ogni immagine è creata su pellicola e sviluppata chimicamente.

Anna Motterle

Concrete and fumes and steel, immobile, draw the horizon while crickets chant their hypnotizing song. Water flows dark and poisonous, iron tons float suspended in the air and send their vibes onto the scarce grass leaves waiting for some nourishment.

Noise is music, desolation turns to beauty.

Marghera watches us from afar while we admire the impossible beauty of her twin sister Venice. She stands there and reminds us of the other gods we worshipped, of another faith we have invented.

Cathedrals on both sides of the whispering lagoon, divided by the centuries and renaming of the gods, united yet in transcending imperfection – erected to state eternity on a land itself defiant.

Cathedrals for the dream of omnipotence and power, churches of despair for those immolated for the cause. A century of bloodshed on so many different levels.

Now what, Marghera? Now you stand and live on in the eyes of those too stubborn to have died. Too old to be avant-garde and too young to be historical.

This work is an audiovisual reflection on a once forgotten piece of land. Marghera is seen as an invention stuck between past and future, daughter of the industrial dream turned into nightmare for the masses, frontline for the workers, pain for the powerful and inspiration for the visionaries.

Marghera, blessed by the stunning light of the venetian lagoon, built on the end of the land just opposite to marvelous Venice. Incredible that they put her there. Though still she stands, asks to be looked at, to be revisited, reinvented.

The sounds she makes are those of nature trying to take back a stolen piece of world. Emblematic for our times, worth being listened to and understood.

This is what I am trying to do here.

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